“Dal primo momento abbiamo capito che era successo qualcosa a Emanuele”, dice in udienza la madre di Emanuele Scieri.
Si cerca ancora di fare luce sul caso di Emanuele Scieri, il paracadutista di 26 anni il cui cadavere fu trovato nella caserma Gamerra di Pisa il 13 agosto 1999. Dopo 24 anni dalla tragedia, la madre del ragazzo si è recata davanti alla Corte d’Assise di Pisa: “Dal primo momento abbiamo capito che era successo qualcosa a Emanuele, non abbiamo mai creduto al suicidio e abbiamo cercato la verità”.
Le ricostruzioni
Quella sera Emanuele Scieri uscì con alcuni compagni di caserma a Pisa, ma il suo rientro non venne mai registrato. Secondo le ricostruzioni, dopo essere stato sorpreso a fare una telefonata prima di entrare in camerata, Scieri sia stato costretto dai compagni i a effettuare numerose flessioni sulle braccia da svestito. Poi fu preso a pugni e calci, con le dita delle mani schiacciate sotto gli anfibi.
Infine fu costretto a salire su una scala di 10 metri, con scarpe slacciate e con la sola forza delle braccia, dalla quale precipitò. I tre hanno nascosto il corpo sotto un tavolo per non farlo trovare, ma il cadavere è stato individuato tre giorni dopo. Gli inquirenti hanno dichiarato che il parà poteva essere salvato ma è stato lasciato a terra agonizzante.
“Non abbiamo mai creduto al suicidio”
La richiesta di rito abbreviato ha assolto Andrea Antico, Enrico Celentano e Salvatore Romondia, accusati di aver provocato e coperto la morte di Emanuele. Continua invece il giudizio contro gli altri due imputati, i due ex caporali Luigi Zabara e Alessandro Panella, di cui nelle prossime udienze verranno ascoltati i testi della difesa.
Davanti ai magistrati ieri, Isabella Guarino, la madre di Scieri, ha ricordato il silenzio del generale Enrico Celentano sul corpo senza vita del giovane: “Non lo scorderò mai. Sono io che andai incontro a loro invece che il contrario, come è potuto capitare che mio figlio sia morto e per tre giorni nessuno se ne sia accorto”.